Andrea Giannasi

Vivere una vita impegnata significa ogni giorno lottare per la libertà, la giustizia e la pace. Ricordando che nessuno può disertare il dovere incessante di ricerca dell'eguaglianza e della fraternità.
Ma prima di ogni cosa è l'educazione che dobbiamo porre come bene primario, proprio come bere acqua o mangiare pane. Educare all'essere cittadini.
E tutto questo passa da sempre attaverso i libri.

Cosa significa essere un editore indipendente: il caso Tralerighe in una intervista ad Andrea Giannasi

Tralerighe è una casa editrice nata a Lucca nel 2014 con la precisa connotazione di affrontare il Novecento, attraverso la pubblicazione di saggi, diari, memorie, racconti e romanzi.  Riconosciuta come “casa editrice indipendente” ci permette di capire meglio il mondo del libro. Per questo abbiamo incontrato Andrea Giannasi, editore e direttore editoriale di Tralerighe libri.

Come prima cosa le chiedo cos’è un casa editrice indipendente?

L’editore indipendente è colui, per definizione, che pone la propria struttura distante dalle concentrazioni e dai circuiti. L’editore indipendente inoltre deve lavorare prima di tutto sulla propria identità ponendo attenzione ai progetti con uno scopo primario: cercare sempre nuovi lettori. Purtroppo oggi la distribuzione e le catene di librerie sono in mano a poche grandi concentrazioni e diventa difficile per un piccolo editore indipendente “entrare” nel circuito, per questo è necessario aprire nuovi spazi. Dunque creare le condizioni per far incontrare i libri con i lettori. Ecco l’editore indipendente fondamentalmente ha una struttura dove deve far quadrare i conti, deve far libri intorno ad un progetto ben definito e alla fine trovare nuovi lettori. Concettualmente l’insieme di bibliodiversità, autonomia, identità.

Lei come definirebbe la propria casa editrice?

In rete troviamo l’interessante esperimento condotto da Leonardo Romei Direttore ISIA di Urbino, che nel 2016 al Bookpride ha chiesto a decine di editore cos’è una casa editrice. Le risposte aprono molti scenari. Andiamo da definizioni come: “La mediatrice tra relazioni, viaggi, esperienze, studi e scritture - che insieme precipitano in forma di libro - e i lettori”. Oppure: “Una fabbrica di mondi che però deve far tornare i conti”.
E ancora: “Una piccola utopia per provare a lasciare una traccia in un mondo che sembra non essere interessato a questo”.

Ma la più calzante è sicuramente questa: “La casa editrice è una comunità”. Ovvero l’insieme di uomini e donne che condividono un progetto e una idea.

E il progetto e l’idea di Tralerighe libri quali sono?

Semplice. Il nostro compito è quello di stimolare il pensiero con libri che possano aiutare le diverse forme di analisi e confronto. Le faccio un esempio.
La società contemporanea vive sulla falsa idea dell’ipercomunicazione. Siamo bombardati ogni istante da notizie e possiamo anche condividere sui social note, commenti, lasciare giudizi e avere la percezione di essere parte attiva del pensiero comune. Il problema è che pochi - anzi pochissimi – conoscono la realtà perché gli altri, la massa, non leggono, non studiano, non approfondiscono e soprattutto non fanno domande a chi ha risposte. Ecco Tralerighe è nata con lo scopo di fare libri che possano aiutare chi cerca risposte a trovarle. Dunque nel momento in cui si parla di Islamizzazione dell’Europa o Globalizzazione, così come di uomini in guerra o donne e violenza di genere, invece di banalizzare le discussioni e i dibattiti, secondo me, sarebbe forse meglio leggersi un libro che aiuta a capire.

E quindi riassumendo cos’è una casa editrice?

Forse sarebbe stato meglio chiedere cosa non è una casa editrice. Infatti spesso si confondono i ruoli e su questa confusione si sono negli anni creati imbarazzanti modelli. Vi faccio alcuni esempi. La casa editrice non è un distributore. O per lo meno ci sono altri che dovrebbero occuparsi di distribuire i libri. Non è quindi neppure una libreria, stante il fatto che l’editore è ben differente dal libraio. E la casa editrice non è neppure sorgente di critica letteraria, perché caso mai è soggetto giudicato e non da confondere con il giudice che dovrebbe essere sovrano. E ancora e forse soprattutto: una casa editrice non è un luogo fantastico dove ad ogni stella corrisponde un desiderio.
In altre e chiare parole, l’editore non è la persona che può e deve realizzare i sogni di qualcuno. L’editore unisce al proprio progetto personale il libro in quanto soggetto utile a raggiungere lo scopo ideale. Dunque nessuna onirica progettualità ma concreto passo ideologico e se vogliamo anche politico, visto che una casa editrice può e deve orientare la società civile.

Ma cosa c’entra la politica con l’editoria?

C’entra eccome, anzi ne è il fulcro. Se osserva gli ultimi due secoli di storia scoprirà che alcuni libri sono stati testimoni attivi per sorgenti politiche. Penso a “Le mie prigioni” di Pellico per il Risorgimento, oppure a “Cuore” di De Amicis per la crescita di una nazione, oppure anche agli elementi negativi, ma pur sempre libri, come il “Libro e moschetto” fascista o il “Mein Kampf” di Hitler. Tralerighe libri è molto vicina alla letteratura resistenziale con autori come Beppe Fenoglio, Luigi Meneghello, Italo Calvino, cercando di traslare il senso di rinascita e di ritorno alla vita intorno a modelli quali la libertà, la democrazia, l’indipendenza.
Fare libri cercando di aiutare i lettori a porsi domande. A capire e crescere con un sano spirito di contrasto interno. A noi l’appiattimento non piace, siamo gente da sentieri, anche soffrendo le peggiori vertigini.

E però torniamo al problema dei lettori e degli scrittori. Quale il loro compito?

Lei pone l’accento sul problema dei problemi, ovvero quello di appassionare i giovani alla lettura. Far comprendere che la lettura di un libro rappresenta uno strumento di libertà, una possibilità di utilizzare il proprio libero arbitrio.
Mi chiede cosa deve fare uno scrittore. La questione, mi permetta, è malposta. Forse sarebbe meglio chiedere cosa è costretto a fare lo scrittore oggi. Ovvero dopo aver pensato e scritto un libro cosa deve fare per cercare nuovi lettori, perché dopo aver esaurito il gruppo di parenti, amici e conoscenti – spesso costretti a comprare il libro o peggio ancora riceverlo in regalo – si trova di fronte allo scoglio della promozione. Alcuni editori aiutano organizzando presentazioni e partecipando a Fiere, saloni o festival, ma nella stragrande maggioranza dei casi gli autori si trovano da soli. Costretti dunque ad indossare i panni del promotore librario e partire imbarcandosi in relazioni con scarsi risultati.

Se pensate che autori noti quando esce un libro sono costretti a partecipare a 80, 90, spesso oltre 100 presentazioni in un anno, nelle quali vendono una media di 10/15 libri, capite che lo sforzo umano notevole distoglie lo scrittore stesso dal vero ruolo.
Ecco un autore sconosciuto dopo 2 o forse 3 presentazioni ha esaurito forza, energia e risorse umane e culturali. Evidente che qualcosa non torna. Che il sistema così come è concepito non funziona.
Nella filiera dell’editoria oggi c’è una grande confusione dettata da una globalizzazione consumistica che ha prosciugato il vero senso della creazione di un libro.
Oggi tutti scrivono ed è sicuro che buona parte degli scrittori non legge. I librai veri e preparati stanno scomparendo sostituiti da stagisti a 600 euro al mese che in realtà fanno i facchini. I distributori lavorano come se stessero trasportando zucchine e pomodori (con il massimo rispetto: per pomodori e zucchine), perdendo per strada i promotori. Non parliamo di giornali o riviste che hanno perso la terza pagina per acquistare inseriti più o meno decenti, sui quali le recensioni passano tra marchette e buone (vecchie) intenzioni. E’ vero e certificato che una uscita su un quotidiano nazionale non sposta nemmeno una copia.
Per non parlare di radio e tv dove i “salotti chiusi” offrono sempre meno qualità e propongono gli stessi nomi perché garanzia di ritorno e immagine. Del resto da sempre intorno alle icone si fanno buoni affari.
Dunque, e chiudo, l’editore deve essere indipendente da tutto questo vecchio marciume e osare, intraprendere sia culturalmente che economicamente.

Come vede il futuro del libro?

Le voglio raccontare una cosa. Alcuni anni fa entrando in casa di una persona che conoscevo ho trovato una piccola libreria con libri finti di cartone. Erano una ventina di scatole grandi. “I libri veri fanno polvere” si è scusato sorridendo il proprietario.
Essere editore indipendente oggi significa combattere con la polvere. Sapere che i libri sono un baluardo di Resistenze alle ignoranze. E lei mi insegna che proprio nelle pozzanghere del non sapere germinano i peggiori batteri quali la paura, l’intolleranza, il razzismo. Un popolo che non legge è un popolo gregge destinato a farsi governare da qualsiasi cane randagio.

I lettori dunque sono l’unico baluardo in difesa delle democrazie e della libertà.
Per questo Tralerighe fa libri come pietre d’angolo.

 

Questa chiacchierata è stata registrata in prossimità della Santa Croce a Lucca al “barino” di Piazza San Giusto. Per conoscere il catalogo di Tralerighe libri basta visitare il sito www.tralerighelibri.it

Chiara Poli

P.S. La fotografia è stata scattata da Alessandro Giuliani in Piazza san Giusto a Lucca con una macchina fotografica antica autoricostruita e con sviluppo immediato. Con Andrea il decano dei giornalisti lucchesi Mario Rocchi.